
La scena si offre allo sguardo dello spettatore come dentro a una cornice, attraverso un cannocchiale, o il buco di una serratura: una terra arida, in pendenza, con sterpaglie da cui emerge un albero ormai morto da chissà quanto tempo. Il giorno si alterna alla notte, il buio alla luce per Vladimiro ed Estragone, imprigionati in una sur-realtà immutata e immutabile. In bombetta e improbabile completo elegante, i due protagonisti hanno, rispettivamente, gli illustri volti di Eros Pagni e Ugo Pagliai: autoritario e sicuro di sé l'uno, arrendevole e timoroso l'altro, restano in perenne attesa di tale Godot, imbattendosi nella strampalata coppia di Pozzo e Lucky (Gianluca Gobbi e Roberto Serpi).

Le due ore intense, divertenti, a tratti commoventi, non vanno oltre; siamo lontani da quella complessità che lascia il dramma (e quindi la messinscena stessa) irrisolto, da quel segno indelebile di inquietudine che certe forme di teatro, più di altre, dovrebbero permeare l’animo dello spettatore. Un allestimento conciliante, pulito, una pulizia difficilmente contemplata dal drammaturgo irlandese.
Spettacolo visto al Teatro Metastasio di Prato, giovedì 24 febbraio
Foto di M. Norberth per gentile concessione del Teatro Metastasio di Prato
Teatro Stabile di Genova ASPETTANDO GODOT di Samuel Beckett scena Jean-Marc Stehlé e Catherine Rankl costumi Catherine Rankl con Ugo Pagliai, Eros Pagni, Gianluca Gobbi, Roberto Serpi, Irene Villa regia Marco Sciaccaluga
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