Autore: Roberto Bernocchi
Nel 1988, il dittatore cileno Augusto Pinochet, a causa della
pressione internazionale, è costretto a indire un referendum per legittimare la
sua carica. La sfida, impossibile, per far vincere il “no” a Pinochet è affidata
al talentuoso pubblicitario René Saavedra (Bernal) che progetterà una
controversa e innovativa campagna di comunicazione.
Chiariamo subito un punto. Il trailer, la trama, le immagini
raccontano un film un po’ differente da quello che è realmente. La storica
affermazione del no che portò alla fine del regime dittatoriale di Pinochet è
raccontata da un punto di vista insolito ma molto appassionante: quello della
strategia di comunicazione utilizzata nella propaganda elettorale. Partecipiamo
ai brainstorming collettivi, alle discussioni contrapposte, alle presentazioni
creative. Seguiamo una sorta di documentario dialogato del processo di
produzione pubblicitario dello spot televisivo per il “no”. Dietro allo studio creativo,
vediamo il confronto delle ideologie, le passioni della gente, le pressioni
della piazza, le preoccupazioni di regime e la storia personale del
protagonista, della sua famiglia e della sua miracolistica fiducia nell’idea
creativa. Dove il buonsenso e l’abitudine avrebbero spinto gli oppositori a
denunciare i soprusi del regime, la profonda e “sensibile” strategia
pubblicitaria propose invece il racconto di un orizzonte felice: “No. Arriva
l’allegria”. “Sembra uno spot della CocaCola” denunciava uno degli spettatori
committenti. “È vergognoso. È la rinuncia alla protesta, la legittimazione del
regime” protestavano altri“. “È in linea con l’attuale contesto sociale” si
difendeva René Saavedra.
La pubblicità trae vita dalla realtà, ascolta i
desideri della gente, interpreta i suoi sogni, trova l’”insight” diremmo in
pubblicitese. Così ha fatto la campagna per il “no” a Pinochet in Cile,
portando serenità, futuro, allegria nelle case degli impauriti, depressi o
cinici elettori, animando un incredibile voto di cambiamento. Un perfetto
manuale del pubblicitario per politici perdenti, incrostati e ideologizzati; per
imprese in crisi in preda alla paura e alla ostinata riproposta del rassicurante
già visto; per associazioni non profit paladine del dolore e schiave della vana
idealità.
Girato con la stessa macchina da presa utilizzata nei documenti
degli anni ’80, le immagini del film risultano estremamente sgranate ma, nonostante
l’iniziale fastidio nel sentirsi di fronte a un film vecchio, cresce
gradatamente nello spettatore la fiera consapevolezza di essere di fronte ad un
film documento.
Un film istruttivo, provocatorio, incredibilmente contemporaneo
e prezioso, anche se faticoso.
0 commenti:
Posta un commento